I dati sui redditi degli psicologi in Emilia Romagna tratti dal "Rapporto sulle libere professioni in Emilia Romagna" del Dipartimento scienze statistiche Paolo Fortunati sono piuttosto sconfortanti, il reddito medio dei liberi professionisti, così come rilevato dalla Cassa di previdenza ENPAP (dati 2011), è pari a 13.656 euro annui. La componente femminile ossia l'81% tuttavia risulta ulteriormente penalizzata percependo redditi mediamente più bassi di ben 2.000 euro annui rispetto ai maschi. Le altre professioni ordinate, se questo può consolare, non se la passano meglio. Per i veterinari maschi per esempio il reddito medio è di 20.060 euro contro gli 11.438 euro della componente femminile. Stessa questione per i redditi di fascia più alta come i medici che presentano una differenza annua di 12.000 euro annui a vantaggio dei maschi, 14.000 euro in più invece per gli architetti, addirittura 22.000 euro in più per gli ingegneri maschi e 23.000 euro per i commercialisti. Gli avvocati infine "doppiano" con redditi pari a 69.964 euro per i maschi e 30.189 euro per le femmine.
La prevalenza femminile di alcune professioni sembra trascinare verso il basso i redditi che arrivano a non essere sufficienti per una vita dignitosa costringendo molti professionisti, dopo anni di costosa formazione, quando va bene, ad un doppio lavoro. Il gap salariale ci rende evidente, se ancora non lo fosse, quanta strada serva ancora per arrivare ad una reale parità.
Secondo i dati diffusi nel 2012 in occasione della Giornata europea per la parità retributiva nell’Unione europea le donne continuano a guadagnare in media il 16,4% in meno degli uomini. Un documento approvato sempre nel 2012 dalla commissione Lavoro del Senato nell'ambito dell'esame del ddl lavoro impegnava il Governo “a definire e programmare, d’intesa e in stretta collaborazione con le parti sociali, entro un anno dalla data di approvazione del disegno di legge in esame, misure concrete volte a conseguire entro il 31 dicembre 2016 il definitivo superamento per ciascun settore lavorativo del divario retributivo tra uomini e donne”.
“Il fenomeno – sottolineava l’ordine del giorno – rispecchia le difficoltà che incontrano le lavoratrici a conciliare lavoro e vita privata: molte donne si vedono infatti costrette a prendere congedi di maternità o a lavorare part-time”. Il problema è accentuato in Italia dalla bassa spesa sociale a favore della famiglie e la disabilità, che carica sulle donne il peso del lavoro di cura: “più di 2 miliardi di ore in un anno, in un ruolo fondamentale per l’economia e la società”. Insomma “rispetto alle lavoratrici degli altri Paesi dell’Unione europea, per le italiane le condizioni di lavoro sono meno favorevoli sia per la qualità dell’attività, sia per il salario medio (inferiore del 20 per cento, in media, rispetto agli uomini), sia per la possibilità di coniugare i tempi di vita con quelli di lavoro”.