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anna

La rabbia cieca figlia dello sfascio: caccia agli psicologi che lavorano nelle carceri

psicoDilania l’Italia, la corrode palmo a palmo, l’infesta, la sgarra, la invade di ferite purulente pronte al contagio esponenziale eppure sono lì, loro, i derelitti ficcati dal 1975 nelle carceri scrostate a fare da avamposto del nulla. La lotta per bande, che da decenni azzanna un paese allo sbando, ha deciso che servono vittime sacrificali da immolare alla creazione di nuovi “posti di lavoro”. Perché vengono ritenuti posti di lavoro i miseri contratti a tempo determinato che permettono, a chi fuma poco, di mantenere il proprio vizio con parsimonia e attento ad arrivare fino al filtro giallo da aspirare a pieni polmoni. Poi, a fine anno o meglio ancora ad anno iniziato, arrivano le consuete sentenze. Il servizio viene prorogato con un taglio lineare del 5, 10 per cento.
E via, per lo psicologo penitenziario, a moltiplicare il pane e i pesci, a essere costretto ad esprimere pareri su detenuti dei quali a malapena si ricorda il viso, perché con le due o ventidue ore mensili di lavoro poco più si riesce a fare. Ma le varie amministrazioni succedutesi al Ministero, che ora si chiama della Giustizia perché significativamente è stata abolita la Grazia continua..

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