Riportiamo di seguito un recente articolo tratto da Il Sole 24 ORE relativo alle Casse dei professionisti che contiene un intervista al prof. Albero Brambilla, responsabile del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale presso il Ministero del Welfare, nel quale si evidenziano alcuni aspetti critici che riguardano la gestione di tutte le Casse, ma che pone serie sfide di interesse anche per gli psicologi. Ovviamente, uno dei problemi di maggiore rilevanza riguarda (ed è uno dei nodi dell’articolo che segue) il problema delle Casse “antiche” (ad es. avvocati, ingegneri e architetti) le quali non sono ancora passate al sistema contributivo - e ciò le mette a rischio di insolvenza per il futuro a lungo termine – ma il fatto che questo specifico non ci riguardi (dal momento che la nostra Cassa è già a regime contributivo) non ci elimina tutti problemi. Come ben evidenzia l’articolo, le Casse devono essere in grado di garantire, non solo la sostenibilità economica nel lungo periodo, ma anche la possibilità di erogare pensioni almeno pari al minimo previdenziale, cosa nel nostro caso specifico, purtroppo non avviene. Questi i punti salienti dell’articolo:
Necessità che i conti della Casse siano trasparenti ed ogni professionista possa capire bene quale è la sua prospettiva previdenziale;
Necessità che le Casse possano garantire sia un trattamento almeno pari al minimo previdenziale, sia la sostenibilità finanziaria nel lungo periodo (almeno 30 anni, possibilmente 50, come previsto dal legislatore), altrimenti la gestione autonoma non è difendibile e si rende necessario un commissariamento delle stesse;
Ipotesi che per garantire una corretta gestione nei termini di sostenibilità nel lungo periodo e garanzie per i professionisti si possa prevedere anche un allineamento alla contribuzione media europea che è molto maggiore dell’attuale 10%;
Tendenza a spingere tutte le casse ad uniformarsi verso il sistema contributivo, mentre ad oggi alcune di esse, quelle di più “antica” tradizione, sono ancora ferme ad un sistema retributivo o misto.
Blog Costruire Previdenza 5-2-2009
Moral suasion per accelerare i cambiamenti
«I nuovi obblighi sulla redazione dei bilanci tecnici offrono una cura nel nome della trasparenza, nell’esclusivo interesse dei professionisti. I conti escono dal chiuso delle Casse, e ogni professionista potrà confrontare richieste, trattamento previdenziale e prospettive della gestione che lo riguarda». Alberto Brambilla guida il Nucleo di valutazione della spesa previdenziale presso il ministero del Welfare, e ha seguito fin dall’inizio la riforma alla base dei nuovi conti che ora deve verificare.
Professore, quali sono gli elementi cruciali da controllare?
Sono due, correlati fra loro. Non solo la sostenibilità finanziaria della gestione sul lungo periodo, ma anche la sua capacità di garantire trattamenti previdenziali adeguati. Il giudizio dipende dal rapporto fra questi due elementi, anche perché in ogni caso va sempre assicurato un trattamento almeno pari al minimo previdenziale. È il principio chiave della privatizzazione: la gestione è autonoma finché riesce ad essere adeguata e sostenibile, altrimenti scattano le contromisure fino al commissariamento. La trasparenza, poi, farà emergere con evidenza un dato chiave del sistema.
Quale?
Il fatto che in nessun Paese Ocse un libero professionista può versare una contribuzione intorno al 10%, quando il sistema chiede ai parasubordinati il 23%.
L’obbligo sui bilanci ha attivato un ampio cantiere di riforme in quasi tutte le Casse, che in genere rimangono però affezionate al sistema retributivo, più generoso.
Certo, perché con il contributivo diventerebbe chiaro che questo «sistema del 10%» non è sostenibile, a meno di non voler ridurre al lumicino le prestazioni. È naturale, poi, che chi dovrà presentarsi alle elezioni per la guida delle Casse rischia molto se mette in programma il passaggio al contributivo.
L’analisi dei bilanci tecnici non potrebbe aiutare a mettere anche questo tema all’ordine del giorno?
Non c’è dubbio. Va considerato, infatti, che siamo solo all’inizio del processo, e una prima spinta alle riforme già si è registrata nel periodo di avvicinamento alla consegna dei bilanci. Ma gli effetti più importanti devono arrivare nel prossimo futuro quando, terminato l’esame dei conti, si passerà nel secondo semestre dell’anno alla fase del confronto con le Casse. E sicuramente noi avvieremo un’importante azione di moral suasion sulle riforme.
In che modo?
Chiederemo di calcolare l’entità delle pensioni erogate con il retributivo e, a parità di condizioni, gli assegni che si riuscirebbe a garantire con il contributivo. Le distanze fra queste due somme renderanno evidenti, dove ci sono, i problemi di sostenibilità. Ovviamente, però, non potremo limitarci alle richieste.
Quali contropartite si possono mettere in campo?
Bisogna risolvere due importanti problemi fiscali. Le Casse sono gravate dall’Iva e dalla doppia tassazione, e mentre si spinge alle riforme non si può non avviare una progressiva equiparazione con il trattamento, più favorevole, dei fondi pensione.
Consulenti e notai non hanno ancora presentato il bilancio tecnico. Ci saranno conseguenze?
No, perché sappiamo che stanno lavorando a fondo e aspettiamo i risultati.
Tratto da Il Sole 24 ORE