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Inchiesta parlamentare sulle condizioni strutturali degli ospedali collocati in zone a rischio sismico o di diversa natura

icona ospedaleRelatori alla Commissione CALABRO' e BIONDELLI
E' stata avviata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia ed efficienza del SSN a seguito del grave sisma che ha colpito la città di l'Aquila in Abruzzo, che determinò anche rilevanti lesioni e un conseguente stato di non operatività del locale Ospedale "San Salvatore". La finalità della Commissione era quella di acquisire elementi conoscitivi in ordine alle condizioni strutturali degli ospedali ubicati in zona a rischio sismico.

Nella prima fase dell'istruttoria, la Commissione ha acquisito elementi di conoscenza circa la vulnerabilità sismica degli ospedali italiani. In tale ambito, la Commissione ha accertato che i sistemi costruttivi utilizzati in Italia per l’edilizia sanitaria sono sostanzialmente due, la muratura (prevalentemente in edifici storici) e le strutture intelaiate in cemento armato. Gli edifici storici in muratura realizzati prima di qualsiasi prescrizione normativa antisismica presentano risposte agli eventi sismici che derivano dallo stato di conservazione e dagli interventi edilizi che si sono succeduti nel tempo, oltre che dalla pericolosità sismica del sito. Invece, per gli edifici in cemento armato, è rilevante l’epoca di costruzione: gli edifici antecedenti al 1974 sono stati progettati essenzialmente per resistere alle azioni verticali e pertanto, ove siano ubicati in una zona pericolosa dal punto di vista sismico, non ne è garantito l’idoneo comportamento in caso di evento sismico; gli edifici in cemento armato progettati dopo il 1974 sono stati edificati adottando criteri più idonei per le azioni orizzontali indotte dal sisma. Dopo il 1996 invece, sono stati introdotti, per la progettazione degli edifici di primaria importanza come gli ospedali, dei criteri finalizzati a limitare anche il danneggiamento delle parti non strutturali e degli impianti. Questa evoluzione fa emergere un quadro nazionale che evidenzia una diffusa vetustà
delle strutture ospedaliere esistenti. Nel censimento effettuato nel 2001, su circa 1.000 presidi, risultava che circa il 65 per cento era stato costruito prima del 1970 (di cui il 15 per cento prima del 1900 e il 20 per cento 25 tra il 1900 e il 1940), il 20 per cento tra il 1971 e il 1990 e solamente il 15 per cento dopo il 1991. Solo dal 2008, anno in cui è entrato in vigore il Testo Unico sulle norme tecniche per le costruzioni, la valutazione progettuale della risposta sismica è stata rapportata alle prestazioni attese, riferita cioè non solo alla capacità di evitare crolli, perdite di equilibrio e dissesti gravi, ma anche alla capacità di garantire le prestazioni previste nel corso dell’evento sismico. Come detto, per quanto riguarda gli aspetti relativi alle tecnologie con le quali sono stati costruiti i nostri ospedali, esistono due criteri di costruzione che si sono sviluppati nel corso degli anni. Alcuni dei nostri ospedali sono monumenti nazionali, vincolati anche dal punto di vista dei beni culturali proprio perché sono stati costruiti nei secoli passati. Si tratta soprattutto di edifici in muratura che, paradossalmente, in certe situazioni hanno dimostrato di reggere ad un terremoto anche meglio rispetto ad altri nosocomi, magari costruiti in cemento armato nel corso degli ultimi 50-60 anni. Quindi, se in linea generale si può sostenere che il rischio sismico dovrebbe essere minore per gli ospedali costruiti negli ultimi 50-60 anni, di fatto non sempre è così perché le modalità di costruzione utilizzate nei secoli passati tenevano conto anche della storia sismica del territorio e di fatto, in alcuni casi, gli edifici
erano realizzati meglio rispetto a quelli costruiti nel corso degli ultimi decenni.
Per quanto riguarda la situazione degli edifici ospedalieri, ancorché in mancanza di una cifra esatta, le strutture che necessitano di una pluralità di interventi, che sarebbero strategiche in base alla loro localizzazione in zone ad alto rischio sismico dato che costituiscono un punto di riferimento per la gestione di eventuali situazioni di emergenza post evento, non sono meno di 500. Sono strutture distribuite soprattutto lungo l’arco appenninico, nella zona dell’Italia centrale ma soprattutto meridionale, in particolare in Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia. Per quanto concerne il tema della vulnerabilità strutturale dei presidi ospedalieri, in relazione al rischio sismico, è emerso quanto segue.
Le richieste regionali selezionate, relative a ospedali soggetti ad elevato rischio (sedi di DEA o di PS) e nella rete dell’assistenza sanitaria regionale, hanno dato luogo a finanziamenti per verifiche su ospedali pari a circa 3 milioni e mezzo di euro, e ad erogazioni effettive per oltre 2 milioni di euro. Gli esiti delle verifiche così attivate, così come gli esiti delle verifiche finanziate con fondi regionali, devono essere comunicati al Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, secondo modelli di rendicontazione che evidenziano il livello di rischio. La raccolta dei dati relativi alle verifiche finanziate, tuttavia, non risultava ancora completata alla data del 10 giugno 2009.
La Commissione ha ottenuto però informazioni relative a 200 verifiche che sono state completate su altrettanti edifici ospedalieri ed i dati non sono confortanti:
Se si verificasse un terremoto particolarmente violento con magnitudo superiore a 6,2-6,3, il 75 per cento degli edifici che sono stati verificati crollerebbe, una percentuale appena inferiore pari al 60 per cento crollerebbe per terremoti di intensità pari a 6 della scala Richter.

 

Il documento completo Relazione finale commissione parlamentare è scaricabile qui

da pag 34 l'elenco dei 200 Ospedali con i rispettivi indicatori di rischio.

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