Il 18 settembre 2013 il presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi Dott.Palma è stato invitato ad intervenire in commissione lavoro alla Camera (XI Commissione XVII Legislatura) sul tema "Indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile". Questo il resoconto stenografico integrale:
GIUSEPPE LUIGI PALMA
Presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi.
Desideravo innanzitutto ringraziare la Commissione e il Presidente della Commissione per l'invito e per l'opportunità che mi viene concessa in questo contesto. Come psicologi, noi possiamo intervenire sull'argomento da un duplice punto di vista. Sicuramente siamo testimoni dell'aumento del disagio psicologico derivante dalla crisi economica e occupazionale. Non parlo dei casi più eclatanti, come i suicidi, ma di un disagio psicologico molto diffuso, rispetto al quale noi, come professione, siamo in una posizione privilegiata, perché ci facciamo carico anche di questo problema.
Il secondo punto riguarda, invece, la professione di psicologo, con tutte le criticità e le problematiche derivanti dalla crisi economica. Casualmente, come Consiglio nazionale, avevamo svolto una ricerca proprio sullo stato dell'occupazione e sul reddito degli psicologi prima della crisi del 2008. Abbiamo poi replicato questa ricerca di recente, ragion per cui da pochi mesi abbiamo alcuni dati e siamo, pertanto, in grado di fare un confronto per poter verificare quale sia stato l'impatto della crisi economica sulla professione.
Abbiamo preparato una scheda che contiene questi dati. Molto brevemente, dopo averli illustrati, cercherò di avanzare anche alcune proposte. I dati da soli certamente sono importanti, ma, se poi non hanno una dimensione operativa a livello progettuale, servono a ben poco.
Gli psicologi in Italia sono quasi 90.000, mentre in Europa, in tutti i Paesi europei, la somma degli psicologi è di 270.000. Un terzo degli psicologi europei risiede, dunque, in Italia. Questo è un dato importante. In nazioni che hanno lo stesso numero di abitanti dell'Italia ce ne sono 4-5-10.000, mentre noi abbiamo 90.000 psicologi. Questa situazione è veramente seria a livello occupazionale per gli psicologi. È una situazione davvero problematica.
Le battute verrebbero facilmente. Come mai in Italia ci sono tanti psicologi ? Sarà perché gli italiani hanno problemi ? Non è questo il punto. Per una serie di ragioni siamo arrivati a questa situazione.
Ogni anno si iscrivono all'Ordine degli Psicologi a livello nazionale circa 6.000 nuovi psicologi, esattamente il numero del totale di quelli che lavorano nel Servizio sanitario nazionale. Nel Servizio sanitario nazionale ci sono 6.000 psicologi in tutta Italia. Ogni anno i nuovi psicologi che si iscrivono sono 6.000. È facile comprendere che la possibilità di entrare nel sistema sanitario nazionale è praticamente inesistente.
Circa la metà dei 90.000 psicologi non lavora e per quelli che lavorano c’è una forte variabilità e differenza di reddito tra i giovani, intendendo, nella ricerca, gli under 30, e tutti gli altri. C’è una differenza di reddito enorme, il che significa una forte difficoltà di entrare nel mondo del lavoro da parte dei giovani psicologi.
Anche rispetto ai laureati coetanei in altre discipline si è allargato il divario a livello reddituale. Tra il reddito dei giovani laureati in psicologia e quello dei laureati nelle altre discipline c’è un divario rispetto alla crisi, ossia ai dati che noi avevamo rilevato dalla ricerca del 2008, prima della crisi. Una delle conseguenze della crisi stessa è stata quella di ridurre il reddito, allungare i tempi di entrata da parte dei giovani nel mondo del lavoro e aumentare ancora di più il divario rispetto ad altre professioni, ossia ai coetanei laureati in altre discipline.
Vi risparmio tutto il resto, perché sono sei pagine di dati, ma vorrei arrivare alle conclusioni e alle proposte operative. Come dicevo prima, mi pare opportuno che oltre ai dati si facciano anche alcune proposte.
In questi anni noi ci siamo sforzati di elaborare alcune proposte che possano mettere d'accordo, anche se questo può sembrare un miracolo ragionieristico, l'aspetto economico, la crisi economica – che ovviamente riguarda anche il pubblico, cioè le risorse che lo Stato può mettere a disposizione – e la carenza di risorse economiche da parte dello Stato con alcuni interventi che hanno come protagonisti gli psicologi.
Mi spiego meglio. Abbiamo elaborato alcune proposte per dimostrare che è possibile risparmiare, almeno nel campo della sanità, attraverso un intervento molto semplice, frutto di una sperimentazione che dura ormai da dieci anni e che viene condotta presso l'Università «La Sapienza» di Roma dal professor Solano. Mi riferisco all'istituzione della figura dello psicologo di base.
Lo psicologo di base lavora all'interno di questa sperimentazione a fianco del medico di base. Questa collaborazione, che è stata realizzata ed è tuttora in corso come sperimentazione, ha dimostrato in maniera inequivocabile che è possibile intervenire sulla spesa farmaceutica, sulla spesa derivante dalle analisi cliniche, che è di gran lunga maggiore rispetto al costo che bisognerebbe sostenere per pagare lo psicologo di base stesso.
In un solo anno solo per la spesa farmaceutica la collaborazione tra medico e psicologo, che è presente nello studio del medico di base solo due giorni alla settimana, ha portato come risultato a un risparmio di 75.000 euro solo per la spesa farmaceutica. Manca, invece, la quantificazione del risparmio delle analisi cliniche ritenute inutili dallo stesso medico di base.
Questo avviene perché il 50 per cento delle persone – questi sono dati europei – che si rivolgono al medico di base ha, in realtà, problematiche di tipo psicologico. La prima interfaccia di qualunque forma di disagio, però, non è lo psicologo, ma il medico di base.
Ovviamente il medico di base risponde a questa domanda con gli strumenti di cui dispone, magari prescrivendo analisi, accertamenti e farmaci, sapendo e intuendo, però, che non è quello il vero problema. Questa sperimentazione di compresenza nello stesso studio ha consentito di dimostrare che, se questa domanda di salute, che comprende anche la dimensione psicologica, può essere e viene letta in maniera adeguata da una persona professionista che si occupa del disagio psicologico, in questo caso lo psicologo, è possibile anche generare un risparmio notevole.
I dati sono pubblici. Il professor Solano, oltretutto, è un medico ed è colui che ha sperimentato questa nuova figura, che non è nuova in Europa. In Europa ci sono già altre esperienze di questo tipo. Sono stati pubblicati libri che contengono anche i dati. Questa è una delle proposte.
In merito ritengo sia fondamentale sottolineare che in questo modo si rende possibile qualcosa che solitamente viene considerato inconciliabile: una maggiore o migliore e più appropriata assistenza alle persone con una minore spesa. La sperimentazione dimostra che ciò è possibile. È possibile, quindi, risparmiare e, nel contempo, prestare un'assistenza alle persone, ai pazienti, più appropriata.
È evidente che in questo caso si tratta di rispondere in maniera appropriata a una domanda di salute che comprende non soltanto la dimensione organica e biologica, ma anche quella psicologica. Come sapete, nella sanità l'appropriatezza degli interventi è uno dei requisiti e dei fattori fondamentali che dovrebbero caratterizzare la sanità pubblica.
Altre proposte riguardano, per esempio, lo psicologo scolastico. Voi sapete che in Europa l'Italia è l'unico Paese che non ha una legge che istituisce la figura dello psicologo scolastico.
Queste sono tutte iniziative e proposte operative che hanno a che fare con la prevenzione. Investire sulla prevenzione e promuovere la cultura della prevenzione rappresenta un'evidente modalità che porta a un risparmio, che certamente, in alcuni casi, si può realizzare anche in tempi brevi, come nel caso dello psicologo di base. Nel caso, invece, dello psicologo scolastico il risparmio in termini di prevenzione si può realizzare in tempi medio-lunghi. Sono comunque interventi e proposte che vanno nella direzione della prevenzione e che hanno come obiettivo quello di evitare che alcune situazioni possano degenerare e, quindi, comportare costi ancora maggiori.
In Inghilterra, pochissimi anni fa, un economista, non la "lobby degli psicologi", tanto per essere chiari su questo argomento, ha valutato che per la cura della depressione, che è il male del secolo, fosse molto più conveniente assumere psicologi e fare prevenzione e riabilitazione piuttosto che aspettare la degenerazione del disagio. Se i segnali non venivano colti nei tempi giusti, alcuni problemi si potevano trasformare in disagi ancora più forti, che richiedevano interventi molto più costosi.
Alcuni economisti in Inghilterra hanno svolto, dunque, questo tipo di valutazione, che ha portato il Governo inglese ad assumere 10.000 psicologi in un solo colpo, perché c'era stata una valutazione meramente di tipo economico. Ripeto, è stato un economista, non la lobby degli psicologi a segnalare ciò. I risultati, che oggi ormai abbiamo, perché questo intervento è stato fatto qualche anno fa, confermano la bontà dell'analisi degli economisti.
Mi dicono che mi devo fermare qui, ragion per cui concludo. Vi ringrazio per l'attenzione e spero di non aver annoiato la Commissione.
CESARE DAMIANO. Scusate, ma anch'io replico quello che ha fatto prima di me l'onorevole Rizzetto, quando ha presieduto. Non c’è alcuna intenzione vessatoria. Ho visto che, da psicologo, lei ha risposto prontamente alla sollecitazione di un potenziale paziente.
GIUSEPPE LUIGI PALMA, Presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi. Ho colto la comunicazione non verbale nei suoi gesti.
CESARE DAMIANO. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ANTIMO CESARO. All'inizio della sua relazione lei ha fatto riferimento a dati statistici sulla diffusione di questa professione in Italia rispetto agli altri Paesi europei, ponendo a se stesso, e quindi anche a noi, la domanda su come si potesse eventualmente spiegare.
Se volesse per un istante ritornare su questo argomento, che mi ha colpito e che credo sia interessante approfondire, gliene sarei grato.
GIUSEPPE LUIGI PALMA, Presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli Psicologi. La ringrazio moltissimo per questa domanda, perché mi offre la possibilità di parlare di un aspetto molto importante.
In Italia noi non abbiamo alcun vincolo per l'accesso alla nostra professione, nonostante ci sia l'ordine professionale, mentre in altri Paesi europei, dove non c’è l'ordine professionale, ma ci sono associazioni private che regolano l'accesso alla professione di psicologo, tale vincolo esiste. In Italia l'accesso alla professione, almeno alla professione di psicologo, è privo di vincoli. Non ci sono predeterminazioni numeriche. La nostra è la professione più liberalizzata d'Italia e d'Europa.
Questo è un primo motivo, dunque: non c’è una predeterminazione numerica. Non c’è una programmazione degli accessi che, invece, sarebbe necessaria e che è presente per altre professioni anche in Italia. La programmazione degli accessi naturalmente ha a che fare con la valutazione del numero di professionisti che escono dal circuito lavorativo e, quindi, con la previsione a livello universitario dei relativi accessi, che servono per rimpiazzare gli uscenti. Un metodo di questo tipo viene, per esempio, utilizzato da alcuni anni per quanto riguarda i medici. C’è una programmazione degli accessi.
Questo è un problema che riporta a un'altra questione, quella del diritto allo studio, che pure è un diritto garantito dalla Costituzione ed estremamente importante, ma che, secondo me, va correttamente coniugato anche con un altro diritto, altrettanto importante, che è il diritto al lavoro.
Per diventare psicologi sono necessari cinque anni di laurea, un anno di tirocinio e 4-5-6 mesi per fare l'esame di Stato. Siamo a sei anni e mezzo. Dopodiché, per entrare nel sistema sanitario nazionale bisogna necessariamente acquisire una specializzazione almeno quadriennale. Siamo a undici anni di studio, costosissimi per la famiglia, per poi non avere alcuna possibilità di lavorare.
Io credo che questo sia un dispendio, uno spreco, non soltanto per le famiglie, ma anche per lo Stato. Ci sono 60.000 studenti di psicologia nei vari corsi di laurea, che ormai sono presenti in tutte in tutte le regioni. L'offerta formativa è, dunque, sovradimensionata. Sarebbe necessario intervenire su questo aspetto. Questo creerebbe un risparmio certo e immediato.
Non dico di abolire le facoltà, perché questo non è possibile, non sono tanto «matto» da proporre una cosa del genere. Ci sarebbe, però, un risparmio, un aumento della qualità della formazione, che pure è un altro problema. Un'altra questione riguarda, cioè, una formazione orientata alle reali necessità e ai veri bisogni, nonché ai mutamenti della società. In questo modo sarebbe anche più facile entrare nel mondo del lavoro.
Spero di essere stato sufficientemente chiaro. Anche questa era una delle proposte, la programmazione degli accessi all'università, perché crea risparmio per lo Stato, aumenta la qualità e offre la possibilità a coloro che hanno già intrapreso il corso di studio di avere qualche probabilità in più di trovare uno sbocco professionale.
CESARE DAMIANO. Nel ringraziare il nostro ospite per la sua presenza, dichiaro conclusa l'audizione.