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La previdenza in Italia: nascita ed evoluzione

barattolo-euro-001Dal II° rapporto ADEPP

Nascita ed evoluzione della tutela previdenziale italiana

Gli anni, immediatamente, successivi all’unificazione italiana vedono affiorare il tema del welfare con la legge 30 agosto 1862, n. 753, che disciplinava gli istituti di carità e beneficienza; il campo d’azione dello Stato è comunque marginale poiché limitato ad un intervento preliminare, definibile come una sommaria regolamentazione delle attività assistenziali ecclesiastiche delle associazioni volontarie (società di mutuo soccorso).

Con la legge 30 agosto 1864, n. 1731, si istituisce la gestione dei trattamenti pensionistici per gli impiegati civili dello Stato ad eccezioni per coloro i quali svolgono funzioni amministrative (ad esempio gli insegnati elementari); l’anno successivo tale tutela verrà estesa al personale delle forze armate. Nonostante la previdenza inizi ad essere argomento di pubblico interesse, i tempi non sono ancora maturi perché si parli di ordinamento giuridico della previdenza sociale; al contempo, però l’esigenza di una tutela previdenziale è sentita da qualsiasi categoria di lavoratori. È in questo contesto che nel 1870 sorgono, a livello regionale ed in forma di mutualità volontaria, le “Casse Pie di Previdenza dei Giornalisti”(11). In questi anni,il tema della previdenza diventa importante a tal punto da spingere molti rappresentanti di diverse categorie professionali ad organizzarsi in istituti sia pubblici che privati.
Nel 1881 le gestione dei trattamenti previdenziali dei dipendenti dello Stato civili e militari viene affidata ad un organismo costituito ad hoc, denominato “Cassa delle pensioni per i dipendenti civili e militari dello stato”; mentre nel 1883 si istituisce il “Monte Pensioni per gli insegnanti elementari”. Nel 1890 nasce l’Opera Nazionale per l’Assistenza agli Orfani dei Sanitari Italiani – ONAOSI come associazione di assistenza il cui fine è l’assistenza agli orfani dei sanitari mediante sussidi economici a domicilio o ospitalità in strutture di studio e di formazione; ONAOSI viene formalmente eletta ad Ente morale con RD il 20 luglio del 1899 con la denominazione “Collegio - convitto per i figli orfani dei Sanitari italiani a Perugia”.
Il primo intervento sostanziale in ambito previdenziale, risale al 1898, anno in cui con la legge 17 luglio 1898, n. 350, nasce la “Cassa Nazionale di Previdenza, l’Invalidità e la Vecchiaia degli Operai”(12) al fine di gestione di forme facoltative di assicurazione per la vecchiaia e l’invalidità mediante la tecnica di gestione a capitalizzazione.
Poiché l’adesione alla Cassa è volontaria, non sortisce gli effetti desiderati; la scarsità di iscrizioni, è la causa scatenante della costituzione, nel 1906, delle forme di assicurazione obbligatoria dirette agli operai dei cantieri navali e i servizi di trasporto. Nel 1908 nasce il Fondo per i dipendenti delle ferrovie dello Stato a carattere autonomo (13). Nel 1910 diviene obbligatoria l’indennità di maternità da corrispondere alle operaie. Nel 1912 nasce l’Istituto Nazionale Assicurazioni, con lo scopo di istituire il primo sistema pensionistico a capitalizzazione rivolto ai dipendenti pubblici.
Nel 1914, per la prima volta, la tutela previdenziale è rivolta alla generalità dei lavoratori con stipendio inferiore a 350 lire al mese; in particolare si istituisce, a favore di questi soggetti, una forma di assicurazione obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia; tale assicurazione è finanziata, sull’esempio dell’esperienza tedesca, mediante una contribuzione in parte a carico dei lavoratori, in parte a carico dei datori di lavoro e in parte mediante un modesto apporto statale (14).
Le caratteristiche principali di questa forma di assicurazione sono:

1. ugual misura della contribuzione per i lavoratori e per i datori di lavoro;

2. Il sistema tecnico di gestione a capitalizzazione: i contributi versati sono investiti al fine della corresponsione delle prestazioni con la conseguente costituzione di riserve tecniche;

3. Applicazione del metodo contributivo per il calcolo delle pensioni: le prestazioni erogate sono commisurate ai contributi versati;
4. Il requisito anagrafico di pensionamento è di 65 anni sia per gli uomini che per le donne.

Nello stesso anno sorge la Cassa Nazionale del Notariato, come associazione nazionale obbligatoria, avente l’obiettivo finale di corrispondere assegni di integrazione a tutti i notai titolari di sedi disagiate, e l’Istituto di Mutualità e Previdenza del Personale Postale Telegrafico e Telefonico. Nell’anno 1926 sorge l’INIEL(15), destinato all’erogazione dei trattamenti pensionistici previsti per i dipendenti degli enti locali; nello stesso anno si gettano le basi dell’impianto normativo, mediante contrattazione collettiva, del Fondo Nazionale di Previdenza(16), il quale diverrà operativo e obbligatorio per il personale del settore spedizioni, trasporto e agenzie marittime nel 1933. Nel 1929 nasce l’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Farmacisti (ENPAF) come ente di diritto pubblico che eroga prestazioni previdenziali a favore degli iscritti e del nucleo familiare. L’anno successivo nasce l’istituto dell’assegno familiare fruibile, solo dal 1936/37. Nel 1935 con il RD n. 1827 si dota il lavoratore della facoltà di ridurre il requisito anagrafico, fino a questo momento in vigore, di cinque anni, mediante il pagamento di una penale, intesa come la riduzione della pensione, in termini percentuali, dal 37% al 10% in relazione agli anni mancanti al raggiungimento del 65° anno di età. Nel 1937 sorge l’”Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza degli Imprenditori Agricoli (ENPAIA)” con il compito di gestire l’assistenza malattia; il 1938, è l’anno di nascita dell’”Ente Nazionale Fascista di Assistenza per gli Agenti e Rappresentanti del Commercio (ENFASARCO) (17)” ed, infine, sorge con RD n. 1484/1937 la “Cassa di Assistenza del Sindacato Nazionale Fascista dei Medici”. Nel 1939 si introduce un’ulteriore prestazione, oltre a quelle previste fino a questo momento (pensione di invalidità e vecchiaia): la nuova prestazione varata nell’ambito del ventaglio delle prestazioni vigenti è la pensione di reversibilità. Nello stesso periodo il requisito anagrafico, subisce una modifica e viene distinto per sesso: 60 anni per gli uomini e 55 anni per le donne. Queste disposizioni legislative in materia di previdenza si sviluppano nel periodo fascista, durante il quale la tutela previdenziale è interpretata come “un’alta manifestazione del principio di collaborazione”(18): più precisamente il sistema previdenziale deve essere finanziato sia dal datore di lavoro che dal lavoratore, mentre il compito dello stato è quello di fornire i mezzi per l’attuazione.
Nel secondo dopoguerra le casse e le riserve degli enti previdenziali perdono il loro valore reale e diventano insufficienti, a causa dell’iperinflazione di quegli anni. Nel 1946 la Cassa di Assistenza del Sindacato Nazionale Fascista dei Medici viene trasformata in ente di diritto pubblico con la denominazione di “Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza Medici (ENPAM)” e si rende obbligatoria l’iscrizione per tutti i medici iscritti all’albo. Allorché varata la nuova costituzione, si introduce il diritto alla tutela previdenziale all’articolo 38 a cura di una Commissione presieduta dall’onorevole D’Aragona:
“1. Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
2. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
3. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
4. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
5. L'assistenza privata è libera.”
Dalla lettura della Carta emerge l’introduzione al concetto di previdenza privata al quarto e quinto comma; si nota che, non si fa alcun riferimento ad un sistema previdenziale interamente privato ma si estende la tutela costituzionale anche alle forme pensionistiche, assistenziali e sanitarie private come integrazione alla tutela fornita dallo Stato.
Gli anni del secondo dopoguerra sono gli anni del boom economico e al contempo sono gli anni in cui è lo stato a farsi carico interamente della spesa pubblica ed, in particolar modo, della spesa sociale secondo il modello di welfare di Beveridge. Con particolare riguardo alla spesa sociale, infatti, si può affermare che la tutela pubblica cerca di allargare la platea degli assicurati trasformando tutti gli istituti di previdenza privati in enti pubblici. È utile sottolineare che, l’ambizione ad un sistema di previdenza interamente pubblico, ha consentito che ogni cassa conservasse il proprio regime previdenziale. Tale scelta ha consentito la formazione di una pluralità di trattamenti previdenziali vigenti
L’allargamento della platea, comunque, non rimase esente da conseguenze: la più pericolosa, fu quella dell’aumento vertiginoso della spesa pubblica, che proprio negli anni ’50 assorbiva circa il 20- 30 % del PIL nazionale. Agli inizi degli anni ’50, uno studio condotto dalla “Commissione d’Indagine sulla Miseria e sugli Strumenti per Combatterla”, stimò che un quinto della popolazione viveva in condizioni di indigenza. Sulla base dei risultati ottenuti venne varata la legge del 4 aprile 1952, n. 218, (“Riforma Rubinacci”) i cui elementi principali furono:
· Razionalizzazione degli adeguamenti monetari dei trattamenti pensionistici;
· Riforma della pensione di invalidità, vecchiaia e superstiti;
· Introduzione del sistema a ripartizione su base contributiva: con l’introduzione di questo sistema di finanziamento si abbandona il sistema a capitalizzazione, salvo per una quota minima, detta “ contribuzione base”;
· Integrazione al minimo: si fissa un importo minimo di pensione per i pensionati con ridotta
anzianità contributiva, in modo da garantire loro una vita dignitosa; in origine il minimo era fissato a 5.000 lire/mese;
L’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI) acquisisce la natura di ente di diritto pubblico atto all’erogazione di trattamenti pensionistici e di assistenza obbligatori.
L’8 gennaio 1952 con la legge n. 6 nasce la “Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense” e il 24 ottobre 1955 con legge n. 990 viene istituita la “Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Geometri” che assicura agli iscritti l’erogazione delle prestazioni previdenziali e assistenziali obbligatorie. Nel 1958 nascono: Il “Fondo Esattoriali, la Cassa di Previdenza e Assistenza degli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti (19)” e l’”Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Veterinari”. Nel ’59 si estese la tutela pensionistica obbligatoria a i lavoratori autonomi in agricoltura, artigiani e commercianti. Le prestazioni erogate a queste nuove categorie furono finanziate, per molti anni, in condizioni di deficit strutturale ignorando il disequilibrio tra la contribuzione e le prestazioni.
Nel 1963 nascono la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti e Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali. Fino al 1965 si emanano norme che migliorano gli importi delle prestazioni con particolare riferimento ai trattamenti minimi; viene introdotta la pensione di anzianità (20) anche nel settore privato ed, infine, si realizza L’abolizione di qualsiasi divieto di cumulo tra redditi da lavoro e pensione. Un’ulteriore importante riforma avviene a seguito dell’emanazione della legge 30 aprile 1969, n. 153 (“Riforma Brodolini”) attraverso la quale si realizzò:
· L’abbandono definitivo al sistema di capitalizzazione;
· L’adozione del sistema retributivo, previo abbandono di quello contributivo: le pensioni non
saranno più legate all’entità dei contributi versati ma alla retribuzione percepita negli ultimi anni di lavoro (“retribuzione pensionabile”); a seconda delle categorie di lavoratori la retribuzione pensionabile è pari alla media degli ultimi cinque anni per i lavoratori dipendenti privati, per i dipendenti pubblici è pari alla retribuzione dell’ultimo anno ed, infine, per i lavoratori autonomi è pari alla media dei redditi degli ultimi dieci anni.
· L’introduzione del concetto di pensione sociale, intesa come l’erogazione di una pensione ai cittadini che soddisfino il requisito del compimento del 65° anno di età, che siano sprovvisti di alcun tipo di assicurazione e con reddito molto basso.
· L’adeguamento dei trattamenti pensionistici alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo Istat: per consentire una migliore conservazione del valore reale della pensione, oltre all’indice dei prezzi, le prestazioni vennero agganciate anche all’indice dei salari.
· Si estende il principio di automaticità di accesso ai trattamenti pensionistici obbligatori , anche ai trattamenti di vecchiaia e invalidità, valido per i dipendenti la cui contribuzione non risulta regolare a causa di comportamenti poco virtuosi del datore di lavoro.
Negli anni ’70, il welfare così attuato generò un grande debito pubblico che insieme alla mancanza di un’adeguata manovra fiscale e finanziaria fece esplodere l’inflazione. Nonostante tutto, proseguì la trasformazione in enti di diritto pubblico di Fondi e Casse di Previdenza per varie categorie (in generale per tutte le libere professioni disciplinate da albi o ordini professionali) che presentavano un regolamento di prestazioni diverso e più favorevole rispetto a quello previsto per i lavoratori dipendenti. È proprio per la fervente proliferazione degli enti previdenziali del periodo che si conia il termine “giungla pensionistica”.
Nel 1971 nasce l’”Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Consulenti del Lavoro (ENPACL)”. Il 1973 è testimone di due introduzioni importanti in ambito previdenziale: da un lato viene introdotto l’adeguamento automatico al costo della vita anche per le pensioni sociali; dall’altro si introducono le baby pensioni(21) nel settore pubblico.
Dal punto di vista della spesa sociale, l’aumento del livello di tutela pensionistica e l’evoluzione demografico conduce ad un aggravio fisiologico sul debito pubblico, finché il Ministro del Lavoro e della previdenza sociale allora in carica, Scotti, decise di intervenire con un primo tentativo di riforma nel 1978.
Questa proposta di legge, non affronta né direttamente né indirettamente il problema del contenimento della spesa pubblica, ma si concentra sul “disboscamento” della giungla previdenziale, ossia mira all’unificazione di tutti i regimi pensionistici. Quest’idea di unificazione dei regimi previdenziali incontrò numerosi pareri contrari da parte dei sostenitori del pluralismo, e quindi fu accantonato.
In seguito furono costituite diverse commissioni di lavoro, per varare un’adeguata riforma del sistema previdenziale italiano, ma l’unica riforma attuata negli anni ’80 fu la modifica dei requisiti utili alla pensione di invalidità, attuata mediante la legge 222/1984, con la quale si lega la pensione solo a fattori sanitari escludendo qualsiasi riferimento a fattori socioeconomici.
Nel 1992, l’espansione della spesa pensionistica e, quindi, della crisi dei conti pubblici insieme a “tangentopoli”, mise fine al susseguirsi di proposte di legge sull’omogeneizzazione; da questo anno inizia il processo che porterà verso le grandi riforme del sistema previdenziale al fine di contenere la spesa pubblica. Con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, ad opera del Ministro del Lavoro Giuliano Amato, il sistema previdenziale italiano subisce una profonda riforma sia dal lato dei pensionati già in essere sia dal lato dei lavoratori. Dal lato dei pensionati gli argomenti della riforma sono:
· Il tasso di adeguamento delle pensioni: la riforma prevede l’abbandono dell’indicizzazione della pensione in relazione alla crescita dei salari e lasciandola solo in relazione all’indice dei prezzi al consumo Istat.
· La soppressione di alcuni scatti della rivalutazione della pensione.
· La periodicità di rivalutazione con frequenza annuale e non più semestrale. Dal lato degli iscritti attivi, invece, gli interventi riguardano:
· Per i lavoratori con un periodo di contribuzione inferiore a 15 anni, la pensione viene calcolata sull’intera vita lavorativa.
· Si prevede l’allungamento dell’orizzonte temporale ai fini del calcolo della retribuzione pensionabile a 10 anni per i dipendenti del settore privato e 15 anni per i lavoratori autonomi.
· Si bloccano temporaneamente le pensioni di anzianità e si prevedono parziali divieti di cumulo tra redditi da lavoro e pensioni in quanto l’età pensionabile è bassa.
· Inizia il processo di livellamento del regime di pensionamento tra dipendenti pubblici e privati pendente verso il sistema di pensionamento previsto per il settore privato meno favorevole del primo.
· Modifica dei requisiti di accesso al trattamento della pensione di vecchiaia: il requisito anagrafico viene incrementato di cinque anni (65 anni per gli uomini e 60 per le donne); stessa sorte spetta al requisito contributivo che prevede una effettiva contribuzione di almeno 20 anni.
L’anno successivo il Ministro Amato emana il D.Lgs. n. 124, con il quale si gettano le basi per un’organizzazione formale e legislativa della previdenza complementare; conseguenza a questo decreto è l’introduzione all’interno del panorama previdenziale italiano, anche se ancora in fase embrionale, del concetto di “fondo pensione”.
Fin qui, si è osservato brevemente l’attività legislativa compiuta in ambito previdenziale: dalla costituzione della Repubblica agli inizi degli anni ’90 la previdenza diventa totalmente pubblica; la spesa previdenziale confluisce interamente nei conti pubblici e, di conseguenza, contribuisce ad aggravare il debito pubblico. Inoltre, nonostante la competenza a legiferare in questa materia fosse di pertinenza esclusiva dello Stato, le Casse di previdenza delle professioni, regolate mediante ordini e albi, mantengono una propria disciplina statutaria e regolamentare. Il primo intervento normativo che porta ad una scissione tra la previdenza pubblica e privata, viene alla luce nel 1994 con il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509.

Nel 1996 in virtù del Decreto Legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 nasce ENPAP.


11 Nel 1926 nasce l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani eretto formalmente a Ente morale all’interno del quale confluiscono tutte le Casse Pie costituite a livello regionale che cessano di esistere ufficialmente nel 1928.
12 La Cassa assumerà la denominazione di “Istituto Nazionale di Previdenza Sociale – INPS” nel 1933.
13 Il Fondo manterrà l’autonomia fino al 2003, anno nel quale l’insostenibilità economico – finanziaria costringerà l’Ente a confluire dentro l’Inps.
14 Legge 21 aprile 1919, n. 603.
15 L’INIEL modifica la sua denominazione nel 1946 in INADEL
16 Il Fondo Nazionale di Previdenza oggi è noto con la denominazione “Fondo Agenti Spedizionieri e Corrieri”.
17 In seguito denominato ENASARCO
18 Cfr. “Carta del Lavoro” pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1927.
19 Più precisamente la Cassa si fonda formalmente nel 1961 ma nel 1958 si emana la legge in forza della quale verrà istituita (legge 4 marzo 1958, n. 159)
20 Al fine di beneficiare della pensione anzianità, il contribuente deve maturare 35 anni di contribuzione senza nessun requisito di età anagrafica.
21 Introdotte con DPR n. 1092/1973 si sostanziano in trattamenti pensionistici erogabili a: donne con prole se hanno maturato un’anzianità contributiva pari a 14 anni, 6 mesi e 1 giorno; agli impiegati statali con 19 anni 6 mesi ed, infine, ai dipendenti degli enti locali se maturano 24 anni, 6 mesi e 1 giorno di contribuzione.


fonte: http://www.adepp.info/wp-content/uploads/2012/12/II-RAPPORTO-ADEPP.pdf

 

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